La psicologia prenatale e la psicologia perinatale sono branche della psicologia che si occupano dello sviluppo delle capacità psicofisiologiche, relazionali e comunicative dell’individuo durante il periodo prenatale e perinatale. La psicologia prenatale studia lo sviluppo della mente prima della nascita, mentre la psicologia perinatale si occupa delle esperienze del neonato successive al parto. Entrambe le discipline nascono dall’interazione di conoscenze psicologiche ― come la psicofisiologia e la psicologia della personalità ― e mediche ― come la medicina ginecologica e la medicina prenatale.[1][2]
Il fatto che il feto sia in grado di elaborare gli stimoli che riceve è alla base della psicologia prenatale e della psicologia perinatale. Nel periodo prenatale il feto si sviluppa nell’utero della madre. Il ricercatore può studiare questo sviluppo analizzando gli indici psicofisiologici. Strumenti come l’elettroencefalografo, l’ecografo, l’elettrocardiografo, il cardiotocografo e il fetoscopio permettono di stabilire che il feto possiede un sistema sensoriale e che è in grado di recepire e rispondere a stimoli sia intra- che extra-uterini.[1][3]
La psicologia prenatale e la psicologia perinatale formano parte della psicologia dello sviluppo, arricchita da scoperte e studi nel campo dell'etologia umana nella II metà del Novecento come la teoria dell’attaccamento di John Bowlby. Le ricerche più recenti si concentrano sull’aspetto neuropsicologico della disciplina. Innumerevoli sono le osservazioni occasionali sull’influenza delle esperienze prenatali sullo sviluppo della mente e del corpo, anche se poche di queste sono state confermate da ricerche sperimentali.
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